Cronache e Notizie

Ultra Trail Monte Bianco

martedì 1 settembre 2015

Courmayeur – Chamonix, 26-27 agosto 2015
TDS, per chiudere un’epoca

Quinta e ultima partecipazione, per quel che mi riguarda, alla prestigiosa UTMB, un vero campionato mondiale sulle distanze lunghissime, quasi disumane, e senza paragoni il tracciato coi panorami più belli e unici d’Europa. In realtà avrei chiuso nel 2010, quando appunto ero iscritto alla TDS (“Sur les Traces des Ducs de Savoie”), sorella minore dell’UTMB che era stata lanciata nel 2009 su una distanza di 106 km con 6400 metri di dislivello. Già avevo corso la prima edizione, sul percorso da Chamonix a Courmayeur via Piccolo San Bernardo (e non Col de la Seigne come l’UTMB); mi mancava il percorso in senso inverso (orario), previsto appunto per il 21010.
Ma era accaduto che, nella notte antecedente al via, eventi atmosferici quasi catastrofici (che portarono anche alla sospensione dell’UTMB) avessero indotto gli organizzatori a unificare tutti i tracciati sul giro più tranquillo della CCC di 90 km, da Courmayeur in senso antiorario, cioè attraversando il col Ferret e la massacrante Bovine per finire con la mazzata finale della Flegère/Tete aux vents. Avevo dovuto adattarmi, guadagnandoci anche un giubbotto da finisher dell’UTMB che meritavo solo in parte; ma non ero a posto con la coscienza, sicché, avvicinandosi la mia fine di carriera (e non solo di carriera), in questo 2015 avevo speso i miei “punti” iscrivendomi alla TDS “antioraria”, nel frattempo allungata e indurita fino a sfiorare i 120 km con un dislivello di 7338 metri in su e 7523 in giù (dato che Chamonix è 185 metri più sotto di Courmayeur).
Secondo la classificazione alpinistica che gli organizzatori hanno allegato, la TDS è “AD”, cioè un grado di difficoltà sopra UTMB e CCC (restando invece un grado sotto della massacrante e pericolosa PTL di 300 km, che però si fa in squadre da 3): del percorso originario restano i 50 km centrali, con in mezzo il tremendo Passeur de Pralognan che nel 2009 era obbligatorio percorrere alla luce del giorno (ora non più, ma c’è un ampio spiegamento di volontari, luci artificiali, corde sugli strapiombi più inquietanti); mentre l’inizio si ‘arricchisce’ del Col di Chavannes, quota massima del giro coi suoi 2605 metri (di cui 1962 da salire in 19 km; fortuna che siamo ancora freschi); e il finale, dopo il km 96 di Contamines (tappa in senso inverso anche dell’Utmb), è appesantito da ulteriori 950 metri verticali da salire in 7 km, infine 17 km finali che non sono una passeggiata presentando altri 300 metri da scalare qui e là.
Insomma, con tutto il rispetto per gli eroi della UTMB da 170 km, la TDS non è molto da meno, tant’è vero che viene scelta anche da molti (come la valorosa Ermanna Boilini) che non sono riusciti a entrare nel numero chiuso dei partecipanti al giro più lungo. Iscrizioni bruciate in un batter d’occhio, e numero chiuso di 1600 raggiunto senza problemi (come tutti i numeri chiusi di tutte le manifestazioni UTMB, che raggruppano un totale di 8000 partecipanti, e lo farebbero anche se le iscrizioni costassero 500 euro – dovevate vedere quanti cinesi, giapponesi e australiani in gara!).
C’è chi la paragona alla maratona di New York, ma ci sono differenze fondamentali: a NY possono andare dogs & pigs, purché disposti a farsi spennare dalle agenzie, perché il tempo massimo altissimo consentì di finire la gara persino a Toni Baldisserotto e a Ivano Barbolini; mentre a Chamonix ci si iscrive da soli, con 147 euro che non sono la fine del mondo considerando le segnalazioni perfette, i ristori abbondanti (tranne che al Fort de la Platte, che ci dà solo un filino d’acqua dopo 1200 metri di salita verticale sotto il sole), il pasta party finale che consiste nel libero ingresso in ristorante mangiando tutto quello che ci sta. Non ci sono agenzie intermediarie, ma occorre avere i “punti” guadagnati negli ultimi due anni in ultratrail di alta qualità, meglio se dai 100 km in su; e i cancelli incombono sui meno capaci: la maggioranza dei 400 non classificati oggi alla TDS sono andati fuori tempo massimo in uno degli 8 rilevamenti ‘ghigliottina’. Ogni tanto, dall’alto di una montagna, e forte (si fa per dire) della mia ora circa di vantaggio sul tmax, mi voltavo indietro a vedere la fila di lucine o di formichine che mi seguiva, immaginando che mi avrebbero raggiunto e lasciato in coda. Sapevo di essere tra i più scarsi, i più anziani (siamo arrivati solo in 20 over 60) e sicuramente il più malandato, per i guai vecchi cui si era aggiunta negli ultimi giorni una tremenda botta alle costole che mi impediva di respirare a pieni polmoni e scatenava una fitta ad ogni atterraggio men che morbido. Come tutta preparazione, negli ultimi cinque mesi ero riuscito a corricchiare solo la maratona del Ventasso, più qualche trailino da una ventina di km; 4 allenamenti da 40 minuti negli ultimi 15 giorni.
Vabbè, nonostante tutto, a parte gli ftm, sono riuscito a lasciar dietro un centinaio di concorrenti classificati entro le 33 ore (anzi, qualcosina di più); e addirittura negli ultimi 8 km, completati in 1 ora e 20 (non ridete), ho guadagnato 28 posizioni, costretto a correre ai 6/km nell’attraversamento di Chamonix tutta in piedi ad applaudire un fesso qualunque che arrivava quindici ore dopo i primi.
Adesso è tempo di smettere. Ringrazio Ermanna per la corsa parallela, quasi in coppia, che mi ha concesso fino al km 66, e che Italo ci documentava tempestivamente via sms prelevando dall’eccellentissimo sito degli organizzatori (come del resto ha fatto Massimo Muratori, mio portafortuna e stimolatore della settimana antecedente); ringrazio mia moglie (4 Utmb concluse!), impareggiabile nella preparazione dell’attrezzatura tecnica (difficilmente sarei riuscito a chiudere lo zaino, stipato di tutti i materiali obbligatori e soggetto a esosi controlli prima e durante la gara).
Ma il mio pensiero più commosso va a Lina Maccaferri, compagna di tante corse, scomparsa l’11 agosto (e vorrei chiedere il perché al faccione allegro e abbronzato del professor Veronesi): la foto di un nostro arrivo, mano nella mano, con la gioia di essere stati un pelino sotto le 4 ore alla maratona di Carpi 1995 (vent’anni fa!) divenne la copertina di un mensile di podismo, e mi ha spiritualmente accompagnato su e giù per queste montagne impagabili, nei momenti di sconforto e in quelli di speranza, con la luna quasi piena che rivestiva di luce le nevi, l’Orsa maggiore che ci ruotava sulla testa, qualche stella cadente cui esprimere desideri, lo scroscio dei torrenti alla cui acqua freschissima mi sono abbeverato.
Il destino ci chiede di lasciare spazio ai più giovani e forti e sani: sia fatta la sua volontà, dalle terre modenesi ai cieli sul Monte Bianco.

Fabio Marri

 
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